E così anche questa volta sono tornata.
Anche questa volta la vacanza è finita.
Solo le cose negative a quanto pare sono infinite, per tutto il resto ... c'è una scadenza.
Che dire, queste poche settimane sono davvero volate.
Sono stati giorni leggeri, spensierati e fatti di risate, tante risate, tante prime volte, ma anche di tante consapevolezze.
Come ad esempio, quanto sia difficile, ma davvero difficile, riuscire a trasferirsi lì, come dico io ''For Good", che poi non significa altro che "Per Sempre" e nel miglior modo.
Allora. Qui fa freddo e piove. E' tutto grigio.
E' arrivato il mio tanto odiato inverno.
Niente più sole e giornate azzurre.
Niente palme e cieli aperti.
Niente tramonti, niente Oceano. Insomma, niente di niente
La gente è scortese, arrogante, presuntuosa, maleducata e sempre di pessimo umore.
Nessuno sorride o ringrazia.
Sono ancora sotto jet-lag.
In aeroporto, dopo una vana attesa al nastro bagagli, mi sono accorta che la mia valigia aveva deciso di prolungare la vacanza. A Parigi per l'esattezza. Città che non amo particolarmente. Come i suoi abitanti e la sua lingua del resto. Salvo solo l'Air France. Ottima compagnia aerea.
Per fortuna, all'Ufficio Lost and Found, mi dicono di averla rintracciata e che è in arrivo con uno dei prossimi voli.
Beh, dopo 6 volte a Los Angeles e viaggi vari, doveva pur succedere.
No, non secondo la legge delle probabilità, ma secondo quella di Murphy !!!
Ma questa è sola la punta dell'Iceberg di "Una serie di sfortunati eventi".
A casa, tirando lo sciacquone, mi accorgo che il tubo del water perde.
Per fortuna non tantissimo e, per la cronaca, acqua pulita.
La corda della serranda del balcone-veranda della mia cucina si è improvvisamente e inspiegabilmente rotta e non la faceva salire più.
Bene.
Prima di dedicarmi a doccia e shampoo, decido di andare giù e mettere in moto il mio scooter.
Per fortuna Beo era Ok.
Quindi Nutella (consolatoria sempre) ed è tempo di ninne.
La mia sveglia, alle 7 di mattina, mi catapulta subito nella mia realtà.
Una volta uscita da casa, dopo qualche chilometro e diverse volte che Beo si spegneva, mi abbandona definitivamente.
Lo parcheggio tra due macchine, lo chiudo alla bella e meglio, e prendo un bus.
Ahhhhhh i ricordi cominciano ad assalirmi. Le mie giornate passate ad LA, su bus e metro.
Ovviamente salgo dalla parte dell'autista. Sbagliato. Almeno qui.
Lui è blindato dietro a una lastra di plexiglas. Viene in automatico salutarlo. Ma lui manco si volta. Altrettanto in automatico, cerco con gli occhi, senza trovala, ovviamente, la macchinetta dove appoggiare la ''Tap Card", che qui si chiama invece obliteratrice e che si trova a metà bus.
Do' uno sguardo sommario. Tutte persone normalissime, non disturbate come a Los Angeles. Però tutti con i visi lunghi e incaxxati di prima mattina.
Mi sembra così piccolo, una scatoletta.
Una misera fila di sedili per lato.
Lì ce ne sono due per lato e lo spazio centrale è anche più grande. Inoltre ci sono anche dei mini televisori per allietare le ore da passare.
Ebbene sì ore.
Miracolosamente arrivo in orario in ufficio, ma il mio PC non andava. E ci sono voluti 20 minuti per farlo funzionare.
I due giorni successivi, li ho impegnati a far riparare tutto e a recuperare la valigia.
Adesso, accuso la stanchezza e la consapevolezza del luogo in cui mi trovo.
E non mi piace.
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